Thomas Struth, Audience 11, Florence, 2004, stampa cromogenica,
185x299 cm - Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT;
in comodato presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea,
Rivoli-Torino, GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino
LETIZIA MURATORI
racconta Audience II, Florence di Thomas Struth
Castello di Rivoli - Museo d’arte contemporanea
Ogni tanto mi piacerebbe sparire: così, di colpo. Potrei provocare una specie di black out in galleria, e godermi lo spettacolo. Forse i miei spettatori non si accorgerebbero d’essere diventati all’improvviso attori. Esisto nei loro sguardi da molto prima di vedermi, è probabile che la mia immagine sopravviva al buio di qualsiasi black out. È perché sono bianco? grido, certi pomeriggi li provoco. Ma non mi sentono, tanto meno sanno che li osservo. D’accordo, lo ammetto: ci vedo poco, un po’ sfocato e da un’angolatura eterna, scolpita nel marmo. Però so, ad esempio, che la ragazza in primo piano a sinistra solleva la testa. Ha uno sguardo curioso, eppure temperato dall’ammirazione. È rapita al punto giusto. Mentre la signora con il cardigan allacciato in vita, consulta qualcosa? La guida? Il telefono? Giunti al mio cospetto, molti s’intimidiscono, e prima di affrontarmi s’informano. Li capisco. E’ perché sono nudo? grido al marito della signora, che invece mi fissa senza vergogna, tutto vestito. In ogni caso, meglio lui che quello in pantaloni corti, calzini e sandali. Cos’ha da guardarmi con quell’aria di sfida? Mentre l’altro ancora, quello con la maglia scura, lo vedete? Mi imita. E la donna in canottiera che osa darmi le spalle? Si è già stufata di me. E tutti, dico tutti quei piedi sono indolenziti. Magari potessi farmi notare, uscire un istante dalla mia sagoma, e lanciare un pallone da basket sul pavimento di cotto imprunetino. Sembra fatto apposta per il basket.
Sono bianco, sono nudo, di marmo, vivo in galleria, avete capito chi sono? Il David di Michelangelo, sento già il coro. Ma i cori non mi piacciono. Facciamo un gioco. Ricordate quello che aiutava a riposare il cervello dopo le fatiche enigmistiche di cruciverba e rebus? Si chiamava Cosa apparirà?, dovevi annerire figure contrassegnate da un puntino finché non emergeva un unico disegno rivelatore. Proviamo ad annerire le sagome di tutti questi spettatori, cosa apparirà? Non più lo sguardo, ma la sua retta sopravvissuta all’atto di vedere. Milioni di rette sopravvivono qui dentro, anno dopo anno alimentano quella strana pienezza che colma la distanza tra me e gli spettatori, e fa sì che quando finalmente hanno conquistato un punto di vista sentono che non è finita, di non essersi fatti largo solo tra altre teste ma, superata la barriera del momento, c’è altro da percorrere: la pelle fantasma, pubblica del museo.